La SS. Annunziata di Firenze 

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La devozione alla Madonna Addolorata

 

L'Ordine dei Servi di Maria e la devozione all'Addolorata. I frati Servi di Santa Maria hanno già nel nome - con il quale nacquero a Firenze alla metà del sec. XIII -, la qualifica della loro devozione alla Madre di Dio; ma è anche certo che fin dalle origini si distinsero dagli altri Ordini religiosi per un'identità devota alla Vergine gloriosa, onorata nel loro animo e predicata ai fedeli nella sua realtà terrena di umile serva del Signore, di Madre dei Dolori e Mediatrice dei peccatori al Figlio suo Crocifisso. Intorno agli anni 80-90 del secolo XIII è nota la celebrazione accurata delle quattro feste principali della Madonna - Purificazione (2 febbraio), Annunciazione (25 marzo, sagra della chiesa), Assunzione (15 agosto) e Natività di Maria (8 settembre), insieme alla ricorrenza liturgica del Venerdì dopo la Domenica di Passione. Nella spiritualità mariana dei Servi infatti non si possono separare le due componenti essenziali della storia della Salvezza: il sì dell'Annuncio e il sì della Croce. Non per niente la prima pietra di S. Maria di Cafaggio fu interrata il 25 di marzo, festa dell'Annunciazione e Venerdì Santo dell'anno 1250.

I fiorentini che fondarono l'Ordine dei Servi di Maria sono noti come i Sette Santi Fondatori (festa liturgica il 17 febbraio). Si consacrarono alla Regina del Cielo chiedendo la sua intercessione di presentarli al Figlio suo come avvocata e mediatrice, coperti e confortati dalla sua immensa carità. Così appunto racconta la Legenda de Origine (1325 ca) e l'abito. che i Servi dal secolo XIII ad oggi portano. ha un contenuto mistico che indica l'umiltà della Vergine Maria e significa chiaramente il dolore che Ella soffrì nella amarissima passione del Figlio suo ...

Dalla vedovanza e dal dolore nasceranno nei secoli le varie espressioni di devozione: la Madonna ai piedi della croce, la Compagnia dell'Abito, la Confraternita dei Sette Dolori approvata a Roma nel 1645; il Terz'Ordine; la Corona dell'Addolorata; le Congregazioni femminili intitolate o devote all'Addolorata. Il 9 giugno 1668 la Congregazione dei Riti permise all'Ordine di celebrare la Messa votiva dei Sette Dolori della Beata Vergine; il 18 agosto 1714 approvò una celebrazione liturgica dei Sette Dolori il venerdì dopo la Domenica di Passione, e il 18 settembre 1814 fu stabilito che la festa dell'Addolorata della terza domenica di settembre - oggi fissata al 15 settembre - venisse estesa a tutta la Chiesa latina.

 

Il bacio della Giustizia e della pace. (da: Origini del Culto all'Addolorata del p. Agostino M. Morini, Roma 1893), La SS. Annunziata 5, settembre-ottobre 2006.

Scrisse il padre Agostino M. Morini che la Passione del Figlio e la Compassione della Madre sotto la Croce furono la manifestazione di due grandi amori e il frutto del bacio della Giustizia e della Pace, cioè la misericordia divina.

Gesù percorse Israele insegnando come Maestro per tre anni, ma con la sua morte e resurrezione, insegnò che niente di divino va su questa terra scompagnato dal dolore, e che le opere più grandi di Dio si operano nel silenzio e prendono vita qui nel dolore.

Inutile quindi lamentarsi, recalcitrare, lasciarsi prendere dall’umiliazione e dai dubbi. Maria ci insegna il grande valore del patire e del contemplare la sofferenza del Figlio.

Gesù apparve ai suoi contemporanei come un uomo benevolo e maestoso, davanti al quale facevano ressa i piccoli, e fuggivano i profanatori del tempio. Venne sottoposto ad un supplizio terribile che riunì in sé atrocità, lentezza e infamia. Con la croce la sua predicazione fu annullata; tuttavia Egli, in presenza del popolo che lo rigettava, del soldato romano che lo riconosceva, ebbe l’autorità di creare una nuova famiglia e dall’ultima goccia di sangue del costato trafitto, ordinò a Giovanni di prendere con sé la Madre. [p.i.m.]

 

Un pensiero all'Addolorata (dicembre 2006). [La Madre] “sapeva che egli era Dio vero, per sua natura non soggetto a patire, immortale, invisibile e beato. E quando confrontava in sé queste verità, vedendo che nello stesso tempo egli era passibile e impassibile, mortale e immortale, visibile e invisibile, fragile e glorioso oltre ogni immaginazione, restava attonita dallo stupore ... Chiunque scruta la maestà divina, afferma la Scrittura, è assorbito dalla luce della sua gloria” (S. Lorenzo Giustiniani, † 1456).

 

San Filippo Benizi e la vocazione dei Servi di Maria di fr. Gino M. Da Valle, osm

(da 'La SS. Annunziata, luglio-agosto 2006, n. 4 anno XXVI)

Dai documenti riguardanti l’origine del nostro Ordine, risulta che Filippo, della famiglia dei Benizi, nacque a Firenze nei primi decenni del secolo XIII. Da giovane si applicò allo studio della medicina e della teologia.

Come già i primi Sette Padri, era innamorato della vita evangelica e, come loro, la viveva con mirabile zelo anche nel mondo. Tuttavia, Filippo desiderava una vita molto più perfetta. Ma dove andare, quale via migliore era da seguire, quale famiglia religiosa era per lui più adatta e avrebbe potuto accoglierlo? Cadde in una santa inquietudine spirituale. Si tramanda che egli vagasse di chiesa in chiesa in Fiesole e in Firenze. In quei luoghi santi implorava la Vergine santa che intercedesse per avere luce e forza da Dio per individuare la sua strada e per avere la sufficiente energia per poterla percorrere per tutta la vita. E fu esaudito. Si trovava, il giovedì di Pasqua, nella chiesa fiorentina dei Servi, a meditare una frase della lettura biblica della messa del giorno: Disse lo spirito a Filippo: - Avvicinati e sali su questo carro - (At 8,9).

Nella sua visione interiore, Filippo finalmente comprese la divina chiamata. Considerando queste parole come rivolte a se stesso, decise di unirsi al carro della Vergine gloriosa nell’Ordine dei Servi. Da S. Bonfiglio, priore del convento, ottenne l’abito dell’Ordine in qualità di fratello converso. Filippo volle essere converso, che in quei tempi, comportava, all’interno della comunità, una vita il più possibile nascosta e di silenzio, ma anche di servizio. Egli si metteva, secondo l’insegnamento del Signore, all’ultimo posto, per la contemplazione e per servire tutti e meglio, senza alcuna pretesa per sé.

Ma Dio, riguardo alla vocazione, non chiama una volta per sempre. Chiama giorno per giorno, a volte sconvolgendo i programmi già individuati. E ogni giorno bisogna amorosamente obbedire. Perché la vocazione è, soprattutto, dire il proprio , come Maria, a Dio che, quotidianamente, si rivela. Egli dispose diversamente: manifestatasi per una circostanza provvidenziale la sua dottrina, Filippo, in spirito di obbedienza, accettò di essere ordinato sacerdote. Non solo. Durante le celebrazione di un capitolo a Firenze, dopo la rinuncia di fra Manetto, i frati elessero Filippo a priore generale, nel 1267. Egli mantenne tale carica per 18 anni, fino alla morte, malgrado avesse ripetutamente chiesto di esserne esonerato. Era la sua più grande croce: entrato in convento per essere l’ultimo dei fratelli, si ritrovava, per spirito di obbedienza, ad essere la guida dell’Ordine intero. Lo difese con tale sapiente intelligenza, lo adornò con tale santità, lo consolidò con leggi così sagge, da essere chiamato Padre dell’Ordine.

La vocazione non era finita. Filippo sentiva che Dio lo chiamava da questa all’altra vita. Allora, come era entrato un giorno in convento umile e povero, così volle morire nel convento più disadorno e più dimesso che, allora, si trovava a Todi: Ivi, sul letto di morte chiese il suo libro: il Crocifisso.

L’esperienza e il cammino spirituale di Filippo è fondamentale per chi si sente chiamato al nostro Ordine.

Deve capire che la vocazione è, talvolta, sofferta ricerca, che non è questione di un giorno. Essa si ripete ogni giorno perché ogni giorno il Signore chiama. Deve capire che non si tratta di far parte di un gruppo religioso qualsiasi, ma di una comunità contrassegnata da un preciso carisma, quello incarnato da Filippo: il nascondimento, il silenzio, l’operosità servizievole, l’umiltà, una tenera ma ben delineata devozione alla Madre di Dio, l’amore indefesso all’Ordine di nostra Signora, l’attaccamento alla comunità, il continuo sguardo al Crocifisso.

Nascostamente dapprima in silenzio, / volevi essere appena un "converso": / pulire il chiostro, accogliere i poveri, / stare all’altare a cantare alla Vergine (Inno a Lodi).